Caro Matteo Renzi,
il tuo nome potrebbe essere facilmente intercambiabile, ma il fatto che tu abbia dieci anni più di me mi fa sentire più vicina a questa nuova classe dirigente che si è imposta come vincente senza nemmeno scomodarsi a vincere.
Lo sappiamo Matteo, che grazie a te le cose sono davvero cambiate, il nostro futuro si è finalmente rischiarato e possiamo vedere la luce in fondo al tunnel che porta oltreconfine. Ognuno ha le sue strategie per raggiungere i propri sogni, e non c’è nulla di male se per diventare showman hai cominciato dalla politica, anch’io faccio lavori umili in attesa di diventare qualcuno per non rispondere al telefono e decidere poi chi è degno di essere richiamato. Prendila come metafora, caro Matteo, ma sono parecchie le missed call mentre sei intento a scegliere la cover del tuo device.
Mi smaschero subito, sono una di quei gufi che porta jella al tuo operato, ma ho la virtù di vedere al buio e girare la testa di 270° così da avere una visione periferica e un pensiero laterale. Il problema non è chi vince il ballottaggio, on s’en fout, perché anche inaugurando ponti, rattoppando buche e scuole, restano i problemi di sempre, e sono quelli in dotazione con la cittadinanza. E mi soprendo perché riesco ancora ad incazzarmi, mentre altri hanno scelto l’apatia o l’adattamento. Parlo di quelli che come me hanno ricevuto il privilegio di un’istruzione per poi farsi pagare a voucher. Quelli con dottorati di ricerca che insegnano alle medie, gli ingegneri pagati come periti, quelli che devono bussare alle porte per riscuotere soldi già lavorati o che fanno anni di praticantanto al costo di un buono pasto, perché tanto è un investimento sul futuro.
Caro Matteo, l’unica situazione politica con cui solidarizzo sono le piazze francesi raccontate dai media locali col garbo del vedo-non-vedo, senza troppa enfasi se non sulle vetrine distrutte, in modo che contestazione e vandalismo restino concetti sempre abbinati.
Del resto perché guastare la festa visto che per un mese si può spostare l’attenzione sugli Europei e sul sangue dal naso di Conte? Vincere una partita su una è una bella statistica, un po’ come quelle sul lavoro a cui ti appelli spesso. Mentre il mantra è: “eh però i francesi, sono stronzi, ma sanno come fare gli scioperi” ci si adegua alle proprie privazioni. Ecco, forse aver ricevuto il privilegio di un’istruzione serve a rendersi conto che devastare a sassate le sedi delle banche non produce nessun risultato ma l’illusione, inclusa nel pacchetto accademico come prima risorsa a cui attingere, è alla fine ciò che abbiamo in comune io e te.
Baci stellari,
Valentina